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METEOROLOGIA, CLIMATOLOGIA ED OCEANOGRAFIA
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5) Livelli medi degli oceani e dei mari
7) Inquinamento atmosferico e medicina ambientale
8) Caratterizzazione caotica e frattale di fenomeni naturali
Presentazione generale di meteorologia, climatologia e oceanografia
SUL CLIMA DI NAPOLI
ADRIANO MAZZARELLA(**)
(**) gIà Responsabile Osservatorio Meteorologico
Dipartimento di Scienze della Terra- Università degli Studi di Napoli Federico II
Largo S. Marcellino 10 80138 Napoli
RIASSUNTO
L’analisi della serie ultracentenaria di dati meteorologici registrati presso l’Osservatorio Meteorologico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, sito nel centro di Napoli, ha permesso di verificare che il clima della città è di tipo subtropicale, debolmente continentale e umido-subumido e di identificare variazioni statiscamente significative nel regime termo-pluviometrico, con la quasi scomparsa delle stagioni intermedie, con rovesci di pioggia sempre più intensi ed intervallati da lunghi periodi di siccità e con un numero crescente di giorni nuvolosi. L’analisi delle differenze di temperatura dell’aria, registrata contemporaneamente al centro di Napoli e sul Vesuvio, ha consentito di determinare l’intensità dell’isola di calore urbana che, nei pomeriggi estivi e con cielo sereno, è in grado di emettere una quantità di energia paragonabile a quella indotta del Sole.
1. L’OSSERVATORIO METEOROLOGICO DELL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II
L’Osservatorio Meteorologico annesso al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Napoli Federico II è sito al centro del centro storico di Napoli (40°50’N; 14°15’; 53 slm) ed è ininterrottamente funzionante dal 1872. I dati meteorologici sono stati sempre osservati regolarmente ogni giorno alle 9.00, alle 15.00 e alle 20.00 e scrupolosamente trascritti su appositi registri che riportano anche annotazioni dell’osservatore sulla provenienza dei tuoni, la presenza della fuliggine in città, l’intensità del pennacchio del Vesuvio etc., fino al 1980 quando è stata messa in funzione una stazione automatica di rilevamento dei dati. Nel 1910, l’Osservatorio fu completamente ristrutturato e riorganizzato dal prof. Ciro Chistoni , illustre climatologo dell’epoca, Direttore dell’Istituto di Fisica Terrestre dal 1905 al 1927, Preside della Facoltà di Scienze nei periodi 1918-1919 e 1925-1927 e Direttore dell’Osservatorio Vesuviano nei periodi 1909-1911 e 1916-1923.) Per un controllo incrociato dei dati, attualmente l’Osservatorio Meteorologico utilizza due stazioni di rilevamento meteorologico in automatico che registrano ogni 10 minuti i valori dei seguenti parametri: pioggia (mm), pressione atmosferica (hPa), temperatura (°C) e umidità (%) dell’aria, radiazione solare globale (W/m2), intensità (m/s) e direzione del vento (°N). L’utilizzo, inoltre, di una capannina meteorologica contenente termometri a minima e a massima, di un pluviometro, di un anemometro e di un radiometro manuali consente un ulteriore controllo sui dati acquisiti dalle stazioni. Nella tavola I sono riportati per il periodo 1872-2005, distintamente per mese ed anno, i valori medi della temperatura media Tmedia, minima Tmin e massima Tmax, della pioggia, dell’umidità relativa e della pressione atmosferica. I valori medi della radiazione solare globale sono riferiti solamente al periodo 1980-2005.
Tavola I
Valori mensili medi delle temperature media, minima e massima, pioggia, umidità relativa . pressiona atmosferica e radiazione solare globale
|
1 |
2 |
3 |
4 |
5 |
6 |
7 |
8 |
9 |
10 |
11 |
12 |
anno |
Tmedia (°C) |
9.7 |
10.2 |
12.3 |
15.1 |
19.1 |
23.0 |
25.5 |
25.7 |
22.9 |
18.9 |
14.6 |
11.2 |
17.4 |
Tmin (°C) |
6.8 |
7.0 |
8.7 |
11.2 |
14.8 |
18.5 |
21.1 |
21.2 |
18.8 |
15.2 |
11.5 |
8.4 |
13.6 |
Tmax (°C) |
12.6 |
13.4 |
15.9 |
19.1 |
23.4 |
27.4 |
29.9 |
30.1 |
27.0 |
22.5 |
17.6 |
14.0 |
21,1 |
Pioggia(mm) |
94.1 |
76.6 |
67.3 |
67.7 |
46.4 |
32.0 |
16.7 |
27.0 |
71.0 |
120.0 |
126.6 |
120.2 |
865.6 |
Umidità relativa (%) |
66.0 |
64.5 |
62.3 |
62.9 |
60.0 |
57.7 |
56.4 |
56.8 |
60.9 |
64.3 |
66.5 |
68.9 |
62.3 |
Pressione (atmosferica (hPa) |
1012.0
|
1011.2 |
1010.3 |
1008.6 |
1010.1 |
1011.0 |
1010.7 |
1010.6 |
1012.1 |
1011.9 |
1011.3 |
1011.1 |
1010.9 |
Radiazione solare globale (W/(m2 giorno) |
80.8 |
92.0 |
153.2 |
210.2 |
270.4 |
293.4 |
298.7 |
255.5 |
196.9 |
133.1 |
85.0 |
61.6 |
177.6 |
La classificazione di un sito viene normalmente eseguita con l’ausilio di alcuni indici che utilizzano i valori mensili ed annuali di temperatura dell’aria, umidità relativa e pioggia. Si riportano qui sotto alcuni degli indici climatici più usati.
2.1 Indice di KOPPEN
L’indice di Koppen (1936) classifica il clima di un sito da un punto di vista strettamente termico in questo modo:
- clima tropicale, quando la Tmedia mensile > 20°C;
- clima subtropicale,se da 4 a 11 mesi, la Tmedia è > 20°C, mentre da da 1 a 8 mesi è compresa tra 10° e 20°C;
- clima temperato,quando si hanno meno di 4 mesi con Tmedia > 20°C, da 4 a 12 mesi con Tmedia fra 10° e 20°C e meno di 4 mesi con Tmedia < 10°C;
- clima freddo, quando si hanno da 1 a 4 mesi con Tmedia fra 10 e 20°C e da 8 a 11 mesi con Tmedia <10°C;
- clima polare, se tutti i 12 mesi hanno Tmedia < 10°C.
Utilizzando la classificazione di Koppen ed utilizzando la tavola I, il clima di Napoli può essere considerato di tipo subtropicale.
2.2 INDICE di CONTINENTALITA’ di Ivanow
L’indice K di Ivanow (Pinna, 1977) classifica il carattere di continentalità e di marittimità di un sito con la seguente formula:
K = (AJ+AT+0.25 DF)/(0.36 j+14) x100
dove AJ = escursione termica annua, AT = escursione diurna media, DF = quantità mancante alla saturazione, cioè il complemento a 100 dell’umidità relativa e j = latitudine. Lo schema di classificazione di Ivanow è qui sotto riportato:
Tipo |
% |
Tipo |
% |
1. estremamente oceanico |
< 47 |
6. debolmente continentale |
101-121 |
2. oceanico |
48- 56 |
7. moderatamente continentale |
122-146 |
3. moderatamente oceanico |
57-68 |
8. continentale |
147-177 |
4. marittimo |
69-82 |
9. fortemente continentale |
178-214 |
5. debolmente marittimo |
83-100 |
10. estremamente continentale |
> 214 |
Sostituendo i valori per Napoli pari a AJ = 16.0°C; AT = 8.2°C ; DF = 38; j = 41° si ottiene K = 117.
Utilizzando la classificazione di Ivanow, il clima di Napoli può essere considerato debolmente continentale.
2.3 INDICE DI ARIDITA’ di DE MARTONNE
L’indice A di aridità di De Martonne (1941) classifica il carattere di aridità di un sito con la seguente formula:
A= P/(T+10)
dove P = precipitazione annuale; T = temperatura media annua
Lo schema di classificazione di De Martonne è qui sotto riportato:
Tipo |
Valori indice |
Tipo |
Valori indice |
1. arido estremo (deserto) |
0-5 |
4. subumido |
20-30 |
2. arido(steppe circumdesertiche) |
5-15 |
5. umido |
30-60 |
3. semiarido (tipo mediterraneo) |
15-20 |
6. perumido |
> 60 |
Sostituendo i valori per Napoli pari a P = 865.6 mm , T =17.4°C si ottiene:
A= 865.6/(17.4+10) = 31.6
U0tilizzando la classificazione di De Martonne ed utilizzando la tavola I, il clima di Napoli può essere considerato al limite tra i tipi subumido e umido.
3. TEMPERATURA DELL’ARIA
3.1 VARIAZIONI STAGIONALI
E’ largamente diffusa nell’opinione dei napoletani la convinzione che le stagioni intermedie siano scomparse e che si passi improvvisamente dall’inverno all’estate. Manca però una evidenza rigorosa dal punto di vista statistico di tale convinzione ed il motivo è da ricercarsi soprattutto nell’inadeguatezza dei metodi utilizzati e dei parametri meteorologici utilizzati. L’analisi della temperatura dell’aria eseguita sulle serie delle temperature medie giornaliere non fornisce quasi mai buoni risultati perchè il valore medio giornaliero non è per nulla rappresentativo dell’andamento quasi sinusoidale della temperatura dell’aria nell’arco del giorno; i valori della temperatura dell’aria, misurata con una cadenza specifica, capitano molto più frequentemente intorno al minimo ed al massimo giornaliero, dove la variazione della derivata è minima, che intorno al valore medio giornaliero dove la variazione della derivata è molto rapida; le temperature minima Tmin e massima giornaliere Tmax sono direttamente misurabili con termometri a minima e a massima e rappresentano il valore della temperatura dell’aria in corrispondenza di bilanci energetici minimo e massimo fra la radiazione corta incidente del Sole e quella lunga reirradiata lunga dalla Terra. Da qui la superiorità di una analisi che utilizzi le temperature dell’aria estreme giornalere. Per verificare, allora, una possibile variabilità stagionale della temperatura dell’aria, sono state analizzate le medie mensili di Tmin e Tmax e, per ciascuno dei 12 mesi, sono state calcolate le variazioni secolari di temperatura (Palumbo and Mazzarella, 1984). I risultati sono riportati in Tavola II:
Aumento delle temperature medie mensili minime e massime osservate a Napoli dal 1872 al 2005
|
Tmin (°C) |
Tmax (°C) |
Gennaio |
1.6 |
0.8 |
Febbraio |
1.9 |
1.9 |
Marzo |
1.4 |
0.7 |
Aprile |
1.6 |
1.2 |
Maggio |
2.5 |
1.5 |
Giugno |
1.9 |
2.3 |
Luglio |
1.8 |
1.0 |
Agosto |
1.0 |
2.2 |
Settembre |
2.1 |
1.0 |
0Ottobre |
1.2 |
1.0 |
Novembre |
1.2 |
0.8 |
Dicembre |
1.6 |
0.9 |
La tavola II mostra che l’aumento maggiore capita nei mesi di maggio e di settembre per le Tmin e nei mesi di giugno e di agosto per le Tmax, indicando che le temperature minime di maggio e di settembre tendono a quelle di giugno e di agosto, mentre le temperature massime di giugno tendono a quelle di luglio e di agosto. Ne consegue che la durata dell’estate a Napoli sta effettivamente aumentando a discapito delle stagioni equinoziali.
3.2 VARIAZIONI SECOLARI
Nella tavola III sono riportati i valori medi per quinquenni della Tmin e Tmax dal 1872 al 2005, in quanto l’analisi dei dati medi ottenuti per ragguppamenti di più anni ha mostrato che la media su 5 anni fornisce il valore ottimale della stabilità statistica. I dati delle Tmin e Tmax sono stati riportati anche per le stagioni invernali (novembre, dicembre, gennaio, febbraio) ed estive (maggio, giugno, luglio, agosto).
Tavola III
Valori delle temperature medie minime e massime osservate a Napoli dal 1872 al 2005
Quinquennio | Tmin | Tmax | Tmin estate | Tmin inverno | Tmax estate | Tmaxi nverno |
---|---|---|---|---|---|---|
1872-1876 |
13.0 |
21.5 |
18.3 |
7,7 |
28.0 |
14.7 |
1877-1881 |
12.9 |
21.4 |
18.0 |
7.7 |
27.8 |
14.9 |
1882-1886 |
12.6 |
20.9 |
17.6 |
7.7 |
27.3 |
14.4 |
1887-1891 |
12.4 |
20.2 |
17.9 |
6.9 |
27.4 |
13.1 |
1892-1896 |
12.1 |
20.7 |
17.2 |
7.0 |
27.3 |
13.8 |
1897-1901 |
13.3 |
20.8 |
18.2 |
8.5 |
27.0 |
14.6 |
1902-1906 |
13.6 |
20.1 |
18.8 |
8.3 |
26.7 |
13.5 |
1907-1911 |
13.7 |
19.9 |
18.9 |
8.8 |
26.6 |
13.1 |
1912-1916 |
13.7 |
20.7 |
18.6 |
9.2 |
27.0 |
14.3 |
1917-1921 |
13.7 |
20.6 |
19.2 |
8.5 |
27.1 |
14.1 |
1922-1926 |
13.7 |
20.3 |
18.8 |
8.6 |
26.4 |
14.3 |
1927-1931 |
14.1 |
21.3 |
19.9 |
8.4 |
28.4 |
14.3 |
1932-1936 |
13.7 |
21.5 |
18.8 |
8.6 |
27.9 |
14.9 |
1937-1941 |
13.2 |
20.8 |
18.5 |
8.0 |
27.5 |
14.1 |
1942-1946 |
14.2 |
21.7 |
20.4 |
7.9 |
28.7 |
14.2 |
1947-1951 |
14.7 |
22.1 |
20.2 |
9.1 |
28.8 |
15.1 |
1952-1956 |
13.8 |
21.5 |
19.4 |
8.1 |
28.4 |
14.4 |
1957-1961 |
14.5 |
22.8 |
19.7 |
9.7 |
28.5 |
15.6 |
1962-1966 |
14.3 |
21.8 |
19.7 |
8.8 |
28.6 |
14.9 |
1967-1971 |
13.9 |
21.4 |
19.2 |
9.0 |
28.2 |
14.8 |
1972-1976 |
14.1 |
21.2 |
19.5 |
9.2 |
28.0 |
14.8 |
1977-1981 |
14.3 |
21.3 |
19.5 |
9,5 |
27.9 |
14.7 |
1982-1986 |
14.0 |
21.0 |
20.0 |
10.0 |
28.0 |
15.0 |
1987-1991 |
14.9 |
21.0 |
20.3 |
9.0 |
26.0 |
14.8 |
1992-1996 |
14.6 |
20.5 |
20.6 |
9.3 |
26.8 |
14.6 |
1997-2001 |
15.1 |
21.6 |
20.2 |
10.2 |
26.7 |
15.7 |
2002-2006 |
15.3 |
20.8 |
21.1 |
9.9 |
27.0 |
14.8 |
In figura sono riportati gli stessi valori medi quinquennali delle temperature minime e massime riportati in Tavola 1 ma espressi come anomalie rispetto al valore medio del trentennio 1961-1990, scelto come riferimento delle variazioni di temperatura a scala globale (Folland et al., 2001). Incrementi statisticamente significativi di 2.3°C si sono riscontrati nelle Tmin e, più accentuatamente, nelle Tmin in estate; diversamente nessuna delle serie delle Tmax mostra alcuna variazione staticamente significativa. Questo probabilmente perché la Tmin è un parametro più stabile, perché normalmente misurato alla fine della notte quando l’atmosfera è più quieta, e la Tmax è un parametro più instabile perché normalmente misurato nel pomeriggio quando l’atmosfera è più turbolenta a causa dei moti convettivi (Mazzarella e Ciatti, 1986).
4. PRECIPITAZIONI PIOVOSE
Manca una evidenza statistica rigorosa della cosiddetta tropicalizzazione delle piogge, ossia del cambiamento del regime pluviometrico con piogge giornaliere che tendono a distribuirsi in maniera sempre più irregolare nell’arco dell’anno e con rovesci sempre più intensi e localizzati. Il motivo è da ricercarsi nel fatto che, a tutt’oggi, il clustering delle precipitazioni giornaliere è misurato con il numero dei giorni piovosi che capitano all’interno di un determinato periodo senza prendere minimamente in considerazione le irregolarità della distribuzione dei giorni piovosi all’interno del periodo esaminato. Per superare questa limitazione, si è rivolto l’attenzione alla geometria frattale (Mandelbrot, 1983) che cerca di superare le inadeguatezze delle geometria topologica ed euclidea introducendo la dimensione frattale (dal latino fractus = frazionario). Le dimensioni topologica (DT) ed euclidea (DE) di insiemi geometrici assumono solo valori interi 0,1,2,3 (per alcuni insiemi possono essere uguali) differentemente dalla dimensione frattale che, tenendo conto delle irregolarità della distribuzione degli elementi dell’insieme, assume tutti i valori frazionari compresi fra 0 e 3 . Si è applicato l’algoritmo frattale della Polvere di Cantor (vedi appendice) al catalogo giornaliero di eventi piovosi registrati a Napoli dal 1872 (Mazzarella, 1999); si è diviso l’intervallo t0, all’interno del quale sono compresi tutti gli eventi del catalogo, in una serie di n più piccoli intervalli di lunghezza t = t0 /k con k = 2,3,4.. e si è calcolata la percentuale R = N/k di N intervalli di lunghezza t occupati da almeno un evento. La stima della dimensione frattale D è ottenuta risolvendo la relazione di potenza non lineare :
R = C t(1-D)
o, equivalentemente, su un piano log-log, la relazione lineare:
log(R) = log(C) + (1-D) log(t)
dove C è una costante . Per calcolare la significatività della variazione secolare della dimensione frattale D, si sono seguiti due criteri diversi: con il primo criterio si è calcolata la dimensione frattale per successivi intervalli di 3 anni , mentre con il secondo criterio si è calcolata la dimensione frattale per successivi 500 piovosi eventi. Dalle figure 5a e 5b, emerge una netta e statiscamente significativa diminuzione nel tempo della dimensione frattale, ad indicare che le piogge giornaliere tendono a distribuirsi in maniera sempre più irregolare durante l’anno e con rovesci sempre più isolati e localizzati nell’arco degli anni (Mazzarella, 2001).
4.1 CATALOGO DEI ROVESCI PIU’ INTENSI A NAPOLI
Nella tavola IV è riportato il catalogo delle precipitazioni maggiori di 80 mm cadute nell’arco delle 24 ore, in almeno una delle seguenti stazioni prese a riferimento all’interno della città di Napoli: l’Osservatorio Metorologico dell’Università di Napoli Federico II, l’ex Servizio Idrograficio e Mareografico (Annali Idrologici dell’Ufficio Idrografico e Mareografico di Napoli, 2000), e l’Osservatorio Astronomico (Guerrieri, 1935; Nicolini, 1956). Si può facilmente verificare che nel periodo che va dal 1870 al 1930 si è superato la soglia di 100 mm solo 3 volte, mentre dal 1930 al 2003 per ben 9 volte, con un netto aumento negli ultimi 60 anni.
TAVOLA IV
Catalogo delle precipitazioni maggiori di 80 mm cadute , nell‘arco delle 24 ore, in almeno una delle stazioni qui sotto riportate
N |
Anno |
Mese |
Giorno |
Osservatorio Capodimonte |
Dipartimento di Scienze della Terra |
Servizio Idrografico Mareografico Napoli |
1 |
1885 |
10 |
15 |
60 |
82 |
|
2 |
1889 |
12 |
27 |
92 |
89 |
|
3 |
1890 |
12 |
2 |
81 |
83 |
|
4 |
1910 |
10 |
24 |
120 |
99 |
|
5 |
1911 |
9 |
21 |
73 |
89 |
|
6 |
1915 |
9 |
2 |
110 |
90 |
|
7 |
1915 |
10 |
1 |
89 |
89 |
|
8 |
1918 |
6 |
6 |
78 |
91 |
|
9 |
1918 |
10 |
5 |
125 |
99 |
|
10 |
1920 |
6 |
20 |
51 |
87 |
|
11 |
1921 |
10 |
27 |
68 |
92 |
|
12 |
1922 |
11 |
4 |
77 |
94 |
|
13 |
1925 |
9 |
28 |
90 |
91 |
|
14 |
1930 |
10 |
25 |
69 |
83 |
|
15 |
1933 |
11 |
23 |
86 |
85 |
103 |
16 |
1947 |
9 |
6 |
126 |
103 |
>> |
17 |
1948 |
9 |
5 |
106 |
68 |
85 |
18 |
1051 |
9 |
25 |
75 |
63 |
80 |
19 |
1952 |
10 |
23 |
100 |
87 |
82 |
20 |
1953 |
12 |
20 |
77 |
81 |
85 |
21 |
1957 |
10 |
22 |
95 |
64 |
54 |
22 |
1961 |
10 |
7 |
82 |
68 |
75 |
23 |
1969 |
9 |
19 |
74 |
83 |
87 |
24 |
1973 |
1 |
2 |
91(2) |
114 |
94 |
25 |
1978 |
9 |
5 |
82 (1) |
77 |
88 |
26 |
1979 |
10 |
28 |
119 (1) |
138 |
133 |
27 |
1980 |
11 |
13 |
60 (1) |
61 |
81 |
28 |
1981 |
10 |
21 |
68 (1) |
72 |
108 |
29 |
1985 |
11 |
16 |
95 (1) |
114 |
168 |
30 |
1986 |
11 |
21 |
22 (1) |
86 |
44 |
31 |
1986 |
11 |
23 |
68 (1) |
96 |
62 |
32 |
1987 |
11 |
9 |
76 (1) |
98 (2) |
136 |
33 |
1990 |
4 |
9 |
53 (1) |
59(2) |
89 |
34 |
1995 |
4 |
15 |
62 |
114 (2) |
81 |
35 |
1996 |
9 |
20 |
58 |
57 |
87 |
36 |
2001 |
9 |
15 |
140 |
olte 100 (2) |
167 |
37 |
2003 |
9 |
9 |
|
80 |
100 |
Valore medio annuo |
|
|
883±20 |
866±16 |
890±20 |
|
(1) Serbatoio; (2) Capodichino. |
|
|
|
|
Il rovescio più intenso è stato quello del 15 settembre 2001 (Mazzarella, 2001; Braca et al., 2002) quando, nelle prime ore del mattino, un nubifragio, in circa 3 ore, scaricò sulla città circa la sesta parte della quantità di pioggia che cade normalmente in un anno, provocando due vittime, diffusi dissesti ed ingenti danni, in seguito ai quali alla città fu riconosciuto lo stato di calamità naturale.
5. NUVOLOSITA’
Nella tavola V sono riportati il numero dei giorni coperti/nuvolosi e sereni osservati presso l’Osservatorio Meteorologico dell’Università di Napoli Federico II, per venticinquenni, in quanto l’analisi dei dati medi ottenuti per ragguppamenti di più anni ha mostrato che la media su 25 anni fornisce il valore ottimale della stabilità statistica.
Numero di giorni con cielo nuvoloso/coperto e sereno a Napoli
Venticinquenni
|
Numero di giorni con cielo sereno
|
Numero di giorni con cielo misto o coperto
|
1876-1900
|
160
|
205
|
1901-1925
|
164
|
201
|
1926-1950
|
141
|
224
|
1951-1975
|
125
|
240
|
1976-2000
|
120
|
245
|
Si rilevano decrementi significativi (intorno al 25%) nel numero dei giorni sereni per anno e incrementi significativi (intorno al 20 % ) nel numero di giorni nuvolosi o misti per anno. L’incremento della nuvolosità è da porre in relazione all’incremento dei nuclei di condensazione, del flusso verticale di calore e dei moti convettivi indotti dall’isola di calore urbana.
6. COMPARAZIONE FRA I DATI METEOROLOGICI OSSERVATI A NAPOLI CENTRO E PRESSO L’OSSERVATORIO VESUVIANO
Le cospicue e significative variazioni secolari identificate nelle serie ultracentenarie della temperatura dell’aria, della precipitazione e della nuvolosità misurate all’interno della città di Napoli non possono essere connesse solamente allo sviluppo dell’urbanizzazione in quanto potrebbero essere correlate a variazioni globali e a scala più ampia. Per superare questo limite, sono state analizzate le serie storiche delle differenze tra i valori di temperatura dell’aria osservati contemporaneamente presso l’Osservatorio Meteorologico dell’Università Federico II, nel centro urbano di Napoli, e sul Vesuvio (40° 49’N; 14°26’E; 612 m slm), ad una distanza di appena 15 km e il cui intorno non ha subito nel tempo modificazioni di carattere antropico (Palumbo and Mazzarella, 1981). Le serie di tali differenze di temperatura contengono in sé quelle informazioni, filtrate dell'effetto delle variazioni a larga scala, generalmente ampie e perciò difficili da eliminare statisticamente. Nella tavola VI e in figura 6 sono riportati i valori medi delle differenze di Tmin e Tmax, per quinquenni, in quanto l’analisi dei dati medi ottenuti per ragguppamenti di più anni ha mostrato che la media su 5 fornisce il valore ottimale della stabilità statistica. I dati delle differenze delle Tmax e Tmin sono stati riportati anche per le stagioni invernali (novembre, dicembre, gennaio, febbraio) ed estive (maggio, giugno, luglio, agosto).
Tavola VI
Valori medi quinquennali delle differenze tra i valori delle temperature minime e massime dell’Osservatorio Meteorologico dell’Università di Napoli Federico II e dell’Osservatorio Vesuviano.
Quinquennio | Tmin | Tmax | Tmin estate | Tmin inverno | Tmax estate | Tmax inverno |
1923-1927 |
3.40 |
3.20 |
3.47 |
3.11 |
2.86 |
3.43 |
1928-1932 |
3.35 |
4.12 |
3.64 |
2.86 |
4.52 |
3.43 |
1933-1937 |
2.83 |
4.25 |
2.91 |
2.62 |
4.81 |
3.50 |
1938-1942 |
3.38 |
3.79 |
3.73 |
3.10 |
4.23 |
3.90 |
1943-1947 |
3.39 |
4.38 |
4.04 |
2.93 |
4.81 |
3.91 |
1948-1952 |
3.46 |
5.86 |
3.45 |
3.48 |
5.81 |
4.48 |
1953-1957 |
3.23 |
5.07 |
3.45 |
3.08 |
5.78 |
4.33 |
1958-1962 |
3.75 |
4.64 |
3.75 |
3.78 |
5.36 |
3.90 |
1963-1967 |
4.11 |
5.28 |
3.71 |
4.03 |
5.91 |
4.53 |
1968-1972 |
3.64 |
4.81 |
3.80 |
3.53 |
5.36 |
4.27 |
Incrementi statisticamente significativi di 1.8°C e di 0.7°C si sono riscontrati nelle temperature massime e minime, rispettivamente e, più accentuatamente, nelle Tmax, in estate e nelle Tmin, in inverno. Questi risultati indicano che il clima di Napoli dal 1923 al 1972 si è riscaldato sempre di più per la presenza di una intensa isola di calore urbana. Purtroppo la stazione sul Vesuvio è stata incredibilmente dismessa nel 1973 impedendo di fatto la investigazione di una eventuale accentuazione dell’isola di calore urbana. Solo recentemente è stata installata sul cratere del Vesuvio, a cura dell’Osservatorio Meteorologico dell’Università di Napoli Federico II, una nuova stazione meteorologica che sarà presa a riferimento nei prossimi anni.
7. ISOLA DI CALORE URBANA
La città di Napoli poggia su di un insieme di edifici craterici, solcati da canaloni che di per sè ostacolano la circolazione dell'aria nei quartieri più bassi. Il processo di urbanizzazione si è sviluppato negli ultimi decenni con una velocità tale che oggi il 90 % dell'area del centro urbano è coperta da manufatti che ulteriormente riducono la circolazione aerea. Le numerose pareti verticali sono responsabili di sensibili modificazioni nel bilancio energetico, sia per l'elevata capacità termica dei materiali di rivestimento che per il minor valore dell'albedo rispetto alla campagna. In area urbana, infatti, le radiazioni vengono continuamente riflesse tra il suolo e le pareti verticali per cui la quantità di calore, ritenuta dai manufatti urbani, è di gran lunga superiore a quella assorbita da un piano orizzontale come l'area rurale. Tutto questo determina la nascita e lo sviluppo di un'area urbana in grado di determinare sensibili alterazioni nei dati microclimatici locali (WMO, 2004), spesso difficili da valutare in termini quantitativi per la complessità del fenomeno. E’ ragionevole considerare l’intera città come un corpo nero, cioè un corpo ideale capace di assorbire tutte le radiazioni incidenti e di emettere radiazione alla massima intensità per ogni lunghezza d’onda. Un corpo nero segue la legge di Stephan:
E = s T4
dove s è la costante di Stephan pari a 5.67 x 10-8 W m-2 K-4 e T è la temperatura del corpo in gradi K. Da campagne di misure effettuate con una termocamera e con strumentazioni di precisione, è stato possibile misurare valori della temperatura in diverse aree della città di Napoli e in diversi periodi dell’anno. Questo ha permesso di assumere 50°C come il valore tipico estivo della città di Napoli. Considerando la città un corpo nero con T= 323 K ed applicando la legge di Stephan si ottiene che l’energia E che fuoriesce dalla città risulta pari a 600 W/m2. Presso l’Osservatorio Meteorologico a Napoli centro, nei pomeriggi estivi e con cielo sereno, la radiazione solare R risulta essere pari a circa 1000 Watt/m2 con un flusso di energia uscente H, dato da: H = 0.4 (R- 100) (Pasquill and Smith, 1983), pari a 360 W/ m2. E’ come se a Napoli, in estate, nelle ore di massima insolazione, splendessero due Soli: O Sole mio, che sta scomparendo per l’aumento della nuvolosità, e la città stessa che emette energia quanto il Sole vero.
5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
La città di Napoli, come tutte le città metropolitane, è affetta dall’isola di calore urbana che trae origine sia dal tipico assetto geometrico delle città, con strade relativamente strette rispetto alle dimensioni verticali degli edifici, sia dal particolare tessuto urbano, costituito in prevalenza da asfalto, calcestruzzo, mattoni e cemento che assorbono in media il 10% in più di energia solare. In estate, nelle ore più assolate, l’asfalto e le pareti esterne degli edifici delle città raggiungono spesso temperature superiori a 60-90°C. I canyon urbani sono in grado di catturare una maggiore quantità di radiazione solare attraverso un processo di riflessioni multiple degli stessi raggi solari che, in una specie di ping-pong, rimangono intrappolati dalle pareti dei palazzi e dal fondo stradale. L’isola di calore urbana è resa più intensa anche dalla estensione piuttosto ridotta, entro il perimetro cittadino, di superfici evaporanti, come specchi d’acqua, prati ed alberi. Infatti l’evaporazione da parte dei suoli umidi o bagnati, oppure da parte delle foglie della vegetazione, sottrae all’aria enormi quantità di calore (ben 600 calorie per ogni grammo di acqua che evapora). E’ evidente quindi che a una minore evaporazione da parte delle aree urbane rispetto a quelle rurali corrisponde un minor raffreddamento dell’aria che sovrasta le città. Se nel periodo invernale l’isola di calore urbana comporta un aumento dei valori di temperatura all’interno delle città mitigando le basse temperature, questo fenomeno può risultare particolarmente dannoso per la salute umana nella stagione estiva in corrispondenza delle ondate di calore quando la temperatura dell’aria, oltre a raggiungere valori più elevati rispetto alle aree rurali circostanti nelle ore diurne, si mantiene elevata anche nelle ore notturne, alterando le capacità di ripresa dell’organismo umano dalle condizioni di estremo calore a cui è stato sottoposto nelle ore diurne (Di Cristo et al., 2006). Inoltre l’isola di calore urbana è in grado di cambiare drasticamente le stratificazioni d’aria di equilibrio termodinamico che governano la stabilità delle masse d’aria e la diffusione degli inquinanti per cui risulta importante eseguire una zonazione climatica dettagliata delll’intera area metropolitana con l’ausilio di stazioni fisse e mobili dislocate in orizzontale e in verticale in modo strategico al fine di identificare i diversi microclimi della città. In meteorologia, l’unico modo per ottenere informazioni vere è quello di fare misure al posto giusto e al momento giusto e non affidarsi esclusivamente all’uso di computer e modelli matematici. Giova osservare che è attraverso lo strumento di misura che il mondo della scienza arriva a sostituirsi al mondo del pressappoco (Koyrè, 1961). Nel passato l’attenzione alle problematiche meteorologiche ed ambientali era maggiore; basti pensare che nel secolo scorso operative altre tre stazioni meteorologiche all’interno della città di Napoli: l’Osservatorio Astronomico, l’Osservatorio Vesuviano e le Terme di Agnano. Tali stazioni sono state una alla volta incredibilmente dismesse impededendo così ogni tentativo di quantificazione dell’intensità dell’isola di calore urbana. Solo in questi ultimi anni, l’Osservatorio Meteorologico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II sta cercando di portare avanti una politica di adozione delle numerose stazioni meteo già operanti sul territorio della Regione Campania in maniera del tutto disarticolata, attivando convenzioni con il Servizio Agrometeorologico della Regione Campania, il Corpo Forestale dello Stato, l’Ente Porto, l’ENAV, l’UGM, le Terme di Agnano, la Provincia di Salerno, le Comunità Montane, gli Istituti Nautici, le Amministrazioni Comunali, le Aziende di Agriturismo e produttrici di vino di qualità quali la prestigiosa Azienda Mastroberardino e molti privati. Con questa politica di adozione, la rete meteorologica dell’Università di Napoli Federico II può ora contare su circa 65 stazioni distribuite sull’intero territorio Regionale da Gaeta (LT) nel basso Lazio, fino a Greci (AV) nell’appennino Dauno e a Sapri (SA) nel basso Cilento, tutte consultabili via modem in tempo reale e capaci di fornire preziose informazioni per una affidabile previsiosbe del tempo in Campania. C’è una richiesta sempre maggiore di informazione meteorologica che, però, in Italia non è soddisfatta da una corrispondente offerta didattica ed informativa nello stesso ambito universitario. Basti pensare che presso l’Ateneo Federiciano, corsi di Climatologia sono accesi solo per Scienze della Natura e Scienze Geologiche; che presso il corso di Laurea di Scienze Ambientali, istituito da pochi anni presso la Federico II e che presso la stessa Facoltà di Scienze ambientali della seconda Università non sono contemplati minimamente corsi del genere, come se l’ambiente dovesse prescindere dalla fisica dell’atmosfera. Sono ormai maturi i tempi per creare un servizio di previsione meteorologica affidato alle Università e di considerare il clima e il tempo argomenti di interesse generale e non più solo un pretesto per scambiare quattro chiacchiere al bar.
APPENDICE
GEOMETRIA FRATTALE
La geometria frattale si sforza di superare la rigidità della geometria euclidea aggiungendo alla dimensione intera euclidea un decimale che tiene conto del grado di rozzezza di un oggetto o della irregolarità di una successione di eventi.
Secondo la geometria frattale, una palla di biliardo ha dimensione euclidea pari a 3 e dimensione topologica e frattale pari a 2 mentre una palla da tennis ha una dimensione euclidea pari a 3, una dimensione topologica pari a 2 e una dimensione frattale pari, per esempio, a 2.5 con il decimale che tiene conto del grado di ruvidezza della palla da tennis. Alla base della geometria frattale è, inoltre, la proprietà dell’invarianza di scala secondo la quale gli oggetti piccoli si distribuiscono con la la stessa legge di potenza di distribuzione degli oggetti grandi. L’idea di un microscosmo quale versione ridotta del macrocosmo fu intuita già nel 1600 da Leibinitz secondo il quale piccole porzioni del mondo (monadi) erano complesse ed organizzate come le porzioni più grandi. Per calcolare la dimensione frattale di un insieme di eventi come, per esempio, quelli piovosi, è stato utilizzato l’algoritmo della Polvere di Cantor (fig. 7) (Mazzarella, 1998) che è così organizzato. Si incomincia con una linea e si procede ad eliminare la terza parte centrale (r = 1/3) conservando le rimanenti 2 (N = 2) terze parti; quindi si elimina la terza parte centrale dei segmenti rimanenti, conservando sempre le 2 terze parti e si continua nello stesso modo. La Polvere di Cantor è l’insieme di punti che rimane e la loro distribuzione è ben misurata dalla dimensione frattale D così definita:
D = log(N)/(log(1/r) =log(2)/log(3) = 0.6309
Più isolati sono gli eventi minore è il valore di D. Mandelbrot (1983) fu il primo a utilizzare la Polvere di Cantor alla base del modello per la distribuzione degli errori in una linea di trasmissione telefonica; periodi di trasmissione senza errori erano mescolati a periodi in cui gli errori erano concentrati in un arco di tempo molto ristretto. Ma questi periodi di errori, esaminati con maggiore precisione, contenevano periodi senza errori. Lo stesso modello si ripeteva passando a scale sempre più piccole: era questo un esempio di tempo frattale. Ad ogni scala temporale, dalle ore ai secondi, Mandelbrot scoprì che il rapporto fra errori e trasmissione pulita rimaneva costante.
BIBLIOGRAFIA
Annali Idrologici : Ufficio Idrografico e Mareografico di Napoli, 2000
Braca G., Mazzarella A., Tranfaglia G.: Il nubifragio del 15 settembre 2001 su Napoli e dintorni, Quaderni Geol. Appl., 9, 107-118, 2002.
Di Cristo R., Mazzarella A., Viola R.: Hourly discomfort conditions in the city of Naples (Southern Italy) estimated by the heat index, Natural Hazards, 2006.
De Martonne E., Nouvelle carte mondiale de l’indice d’ariditè, La meteorologie, 1, 3-20, 1941.
Guerrieri E.: Rovesci e massima intensità di pioggia oraria, diurna, mensile, stagionale caduta a Capodimonte nei periodi (1888-1933) (1866-1933), Memorie del R. Ufficio Centrale di Meteorologia e Geofisica Roma, serie III-vol. V, 1-28, 1935.
Koppen W., Geiger R., Handbuch der klimatologie, Berlino 1936
Mandelbrot B.: The Fractal Geometry of Nature, Freeman and Company, N.Y., 468 pp.. 983
Mazzarella A.: Multifractal dynamic rainfall processes in Italy, Theor. Appl. Climatol., 63, 73-78,1999.
Mazzarella A.: Nubifragio a Napoli: purtroppo non sarà l’ultimo, Stop Disasters, Educ. Amb.- Lab. Territ. Campania, Nov, 2001, n. 6, 4-5, 2001
Mazzarella A., Ciatti A.: Macchie solari e clima a Napoli, Boll. Soc. Natur. Napoli, 95, 201-209, 1986.
Nicolini T. Il clima di Napoli-Capodimonte. Mem. Oss. Astron. Capodimonte, 1956.
Palumbo A., Mazzarella A.: The heat-island over Naples, Weather, 36, 28-29, 1981.
Palumbo A., Mazzarella A.: Local recent changes in extreme air temperatures, Clim. Change, 6, 303-309, 1984.
Pasquill F., Smith F.B.: Atmospheric diffusion, 437 pp., 1983.
Pinna M., Climatologia, UTET, 442 pp., 1977.
WMO. Urban climates. WMO Tech.. Note. n. 109. Geneve (2004).
STRUMENTAZIONE METEOROLOGICA STORICA
Storia dell’anemometro
Anemografo
Pluviometro
Sensore UVB
Cenni storici
La Specola universitaria, situata nei locali universitari del cortile del Salvatore su cui si affaccia l’attuale Dipartimento di Zoologia, fu istituita con decreto dittatoriale di Giuseppe Garibaldi dell’ottobre 1860 e assegnata, insieme alla cattedra di Fisica Terrestre, al prof. Luigi Palmieri.
Con la morte del Palmieri, il 9 settembre 1896, la Specola universitaria fu diretta dal prof. Eugenio Semmola, fino al 1902, anno in cui la cattedra di Fisica Terrestre, con la Specola Universitaria, prese il nome di Osservatorio Meteorologico, diretto dal prof. Emilio Villari e dal 1905 dal prof. Ciro Chistoni.
Nel 1908, a causa dei crolli parziali dei locali della Specola, il prof. Ciro Chistoni (in figura) trasferì l’Osservatorio Meteorologico nei locali di S. Marcellino, sede attuale del Dipartimento di Scienze della Terra, facendo collocare nel giardino, al di sotto della tettoia meteorologica di suo modello, i termometri a minima e a massima, lo psicrometro ad aspirazione di Asmann, e il termoigrografo, e sulla terrazza superiore dell’edificio, l’anemometro, il pluviometro e gli apparecchi per la radiazione solare e la radioattività atmosferica. Nello stesso anno il prof. Chistoni trasformò l’Osservatorio Meteorologico in Istituto di Fisica Terrestre che nel 1972 confluì nel nuovo Istituto di Geologia e Geofisica, sotto la direzione del prof. Felice Ippolito. In seguito alla riforma universitaria del 1980 (Lex 382/80), il nucleo di Geofisica fondò con altri settori delle Scienze della Terra, l’attuale Dipartimento di Scienze della Terra.
Osservatorio Meteorologico
Nel Bollettino periodico prodotto dall’Osservatorio Geofisico del Dipartimento di Geofisica e Vulcanologia dell'Universita' di Napoli " FEDERICO II " sono contenuti i risultati delle osservazioni meteorologiche.
Le coordinate della stazione sono:
LAT. 40° 50' 48" Nord
Long. 14°15'31'' EST
Quota 50 m s.l.m.
I dati sono rilevati mediante una stazione automatica SIAP attualmente attrezzata con i seguenti sensori:
§ -TEMPERATURA TM 7720 N.830111
§ -PRESSIONE ATMOSFERICA PA 5750 N.952100
§ -UMIDITA' RELATIVA UM 9730 N.932026
§ -VELOCITA' DEL VENTO VT 7705 N.900721
§ -DIREZIONE DEL VENTO VT 7710 N.901662
§ -PRECIPITAZIONE MOD. UM 7515 N.967069;
§ -RADIAZIONE SOLARE MOD. SO 3700 N.871218;
I dati, acquisiti con cadenza 10', vengono archiviati ed elaborati su un Personal Computer provvisto di software specifici
I dati meteorologici vengono organizzati in 7 sezioni e precisamente:
Sez I :Riepilogo dei valori medi mensili e relativi grafici riguardanti:
I-1: La velocita' e la direzione media mensile del vento ed i conseguenti valori (7.00 U.T., 13.00 U.T., 18.00 U.T.) e l'andamento grafico dei valori medi mensili e dei valori sinottici.
I-2: la pressione media mensile e stagionale ed i conseguenti valori medi mensili sinottici;
I-3: la temperatura media mensile, la media dei valori massimi mensili, i valori massimi registrati nel singolo mese, la media dei valori minimi, i valori minimi registrati nel singolo mese, la media dei valori mensili sinottici;
I-4: l'umidita' relativa media mensile, la media mensile dei valori massimi, i valori massimi registrati nel singolo mese, la media dei valori minimi, la media mensile dei valori sinottici;
I-5: la pioggia totale mensile, il valore massimo giornaliero rilevato per ogni mese e per ogni giorno,il numero totale per mese e per stagione dei giorni piovosi, il numero dei giorni con precipitazione < 9.9 millimetri, il numero dei giorni con precipitazione > 10 millimetri;
I -6: la radiazione massima mensile, la radiazione solare media rilevata alle ore 7.00 U.T. ed alle ore 13.00 U.T.
Sez.II : Riepilogo dei valori medi mensili biorari ed i grafici relativi all'andamento dei valori medi biorari dei parametri di cui in epigrafe.
Sez.III: Valori estremanti giornalieri e relative escursioni
Sez.IV : Valori massimi, minimi e medi giornalieri
Sez.V : Valori sinottici giornalieri rilevati alle ore 7.00 U.T., 13.00 U.T., 18.00 U.T. equivalenti alle ore 8.00, 14.00, 19.00 ora solare locale.
Sez.VI : Moda giornaliera della velocita' e della direzione del vento riferite a quattro intervalli orari, ognuno riferito a sei ore, e distribuzione percentuale dei venti in base alla direzione e rispettiva velocita', la cui classificazione e' quella stabilita da Smith e Pasquill (1974).
Sez.VII : Valori triorari della velocità e della direzione del vento
Sez.VII : Valori triorari della velocità e della direzione del vento